Terminata la visita dei templi di Seti I e del figlio Ramses II, poco dopo l’una del pomeriggio salutiamo Abydos e ripercorriamo a ritroso la strada fatta il giorno prima. Stavolta il traffico è meno intenso, bastano due ore per coprire i 100 km che ci separano dalla prossima meta: il tempio di Hathor a Dandara o Dendera.
Hathor era la dea dell’amore, gioia e bellezza, venerata soprattutto dalle donne come protettrice delle madri, mogli e amanti. Nella mitologia egizia infatti poteva assumere di volta in volta diversi ruoli: madre di Ra a cui dava la vita ogni mattino al sorgere del sole, moglie durante il giorno quando giaceva con lui oppure amante di Horus dal quale ebbe i quattro figli dalla testa umana, di falco, di sciacallo e di babbuino eletti a numi tutelari dei vasi canopi. Insieme alla dea Nut, Hathor fu associata alla Via Lattea, dagli egizi vista come un fiume che attraversava il cielo, su cui navigavano le divinità solari e lunari e per questo definita il Nilo del Cielo.
Gli egizi raffiguravano la dea come giovane donna dal capo sormontato da corna di vacca, tra le quali si trova il disco solare, come giovenca celeste sempre col disco solare fra le corna oppure come una colonna il cui capitello è un volto umano ma con orecchie bovine e sormontato da una parrucca rigonfia terminante con due riccioli.
La lunga storia del tempio parte nel secondo millennio prima di Cristo, la si può trovare nei molti siti disponibili in rete, quello che io invece voglio raccontare sono le mie sensazioni, un appassionato che per la prima volta si trova di fronte a queste meraviglie. Parcheggiata l’auto, dalla biglietteria usciamo sul viale che porta al sito. Eccolo là a un paio di centinaia di metri, c’è poca gente e la cosa mi rende felice perché così la visita sarà più agevole e interessante.
Passo dopo passo eccoci sotto il portale del tempio. Le innumerevoli fotografie viste non rendono le sue reali dimensioni, trovarsi al cospetto di queste mura, colonnati, statue, colori e bassorilievi è qualcosa che ti lascia attonito. Come uomo del duemila dovrei essere abituato ormai a tutto ma quello che vedono i miei occhi è sorprendente e il solo pensare che sia frutto dell’uomo di tre-quattromila anni fa è straordinario. Ci inoltriamo tra le alte colonne della sala ipostila il cui soffitto è riccamente decorato, visitiamo il santuario centrale circondato dalle cappelle di Iside, Hathor, Ra, degli dei del Basso Egitto, in quella di Osiride vediamo il famoso rilievo dello Zodiaco, scendiamo nella cripta sotterranea dove si trovano i misteriosi bassorilievi delle “lampade di Dendera”, saliamo sul tetto da dove si possono ammirare la complessità del luogo templare e le mura che lo circondano e dopo essere scesi da un lungo e stretto corridoio di scalini usciamo all’aperto. Giriamo intorno al tempio, ammiro le incisioni sulle pareti, in questo momento provo un forte desiderio: vorrei essere padrone del tempo.
Vorrei fermarlo per stare qui a contemplare con calma ogni particolare di tutto questo e poi tornare indietro per vedere e capire come quegli uomini hanno potuto realizzarlo. Ma così non può essere, il sole è basso all’orizzonte, le nostre ombre si allungano sulla sabbia e sulle antiche pietre così a malincuore ci avviamo all’uscita. Siamo gli ultimi, lungo il viale ci dilunghiamo in fotografie e brevi commenti quando ad un tratto un incontro inatteso: tra vari reperti, capitelli, statue e sepolcri, ecco una upupa dalla splendida livrea. Non ha paura, anzi sembra quasi invitarci ad andare via per stare tranquilla in cerca di cena.
Attraversato un piccolo suk dove i venditori cercano di piazzare le proprie mercanzie agli ultimi visitatori, risaliamo in auto. Mi siedo davanti, la guida chiede se mi è piaciuto, vorrei rispondere ma non trovo che poche parole, la magia di questo luogo mi ha stregato e non ho difficoltà a credere che gli antichi abbiano vissuto le mie stesse emozioni.
Ripiombo sulla terra quando arriviamo al cancello, guardie e poliziotti armati di kalashnikov, pistole, giubbetti antiproiettile e addirittura un mezzo blindato fermano e controllano tutti. Niente di che, nessuna paura, sono controlli di routine per gli egiziani che frequentano ogni giorno l’interno del sito, comunque vederli da vicino fa un po’ impressione.
Ci sono un paio d’ore di strada prima di arrivare al nostro hotel di Luxor, altro luogo pieno di fascino. Abbiamo prenotato sfruttando un’offerta molto vantaggiosa così passeremo i nostri prossimi 5 giorni al Pavillion del Winter Palace, dove hanno soggiornato importanti personaggi della Storia: Howard Carter, Italo Balbo, Winston Churchill, Agatha Christie e molti altri tra reali, scrittori e politici.
Domani si prosegue con un fitto programma spalmato su 4 giorni: templi di Luxor e Karnak, valle dei Re, tombe dei nobili, Deir el Medina e Medinet Habu.
Alle prossime puntate.