Alle superiori gli insegnanti di lettere avevano pronosticato per me un futuro legato alle materie letterarie, la strada intrapresa invece è stata elettrotecnica, una decisione presa allora più per cogliere le opportunità di lavoro che per gli indici di gradimento dove al primo posto c’erano archeologia, storia e geografia. Fin da bambino amavo leggere, i miei preferiti erano i libri di Salgari, Verne, Melville, Stevenson.
Sono cresciuto con loro, libri di avventure, luoghi lontani e misteriosi, personaggi leggendari, macchine portentose. ma ero attratto anche dai racconti dei miei genitori, degli anziani, racconti di vita, di guerra, di un mondo distante che non c’era più. Da allora le storie sono diventate mie compagne di vita. Come i fiocchi di neve non ce n’è una uguale all’altra, momenti, passioni, affetti, radici, incontri, ognuno ha la propria. Basta poco per ascoltarle e farle diventare un po’ nostre.
All’improvviso, verso i sessant’anni, esplode la voglia non solo di ascoltarle ma di scriverle.
Già, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, così quando mi sono trovato con carta e penna in pugno mi sono chiesto: e ora? Come faccio? Da che parte comincio? Dal titolo? Chi sarà la voce narrante? E perché? Ci sono altre regole? Scrivere sembra facile ma…
Per rispondere alle tante domande e dubbi un amico fraterno mi ha consigliato di frequentare dei corsi di scrittura creativa. Detto fatto, ne ho fatti tre, ma forse ne dimentico qualcuno. Questo è stato l’inizio. Grazie a lui e al suo stimolo, dopo i primi racconti nei quali ho cercato di mettere in pratica quello che avevo imparato, ho voluto cimentarmi con qualcosa di più esteso, così sono arrivati i primi tre libri: l’autobiografia “In filo al vento” e due romanzi: “Le mele di Sodoma” e “L’ultimo scriba”.
A cui si aggiunge il quarto e ultimo in ordine di pubblicazione:
Ogni autore ha un suo stile e un genere: libri per bambini, gialli, saggi, storici, fantasy o fantascienza, libri di viaggio, romanzi. Io amo quest’ultimo perché ho scelto di raccontare storie dove i personaggi e gli accadimenti si mischiano tra realtà e fantasia. Fondamentale per questo tipo di racconto è la ricerca. Raccogliere informazioni e documentarsi è un lavoro lungo e impegnativo, ci vogliono tempo e pazienza. Luoghi, date, accadimenti, personaggi, tutto ciò che è contestuale alla storia deve essere riportato con esattezza e precisione. Per tre motivi: per una questione di correttezza nei confronti della Storia, per una deformazione professionale (nel mio lavoro la precisione era tutto) e infine per evitare errori marchiani nel testo. Un errore di stampa o un refuso può capitare a tutti, ma essere presi con le mani nella marmellata è il terrore di ogni autore.
Lo stile invece sfugge ai corsi di scrittura, nessuno può insegnare ad altri come scrivere, è una questione personale. Uno stile può essere imitato, addirittura copiato ma mai essere uguale a un altro. Per quanto mi riguarda ho cercato di adottare una scrittura facile, scorrevole e il più possibile coinvolgente, non voglio che i miei lettori girata una pagina non ricordino quella precedente, come capita, sento dire, a molti. Quindi cerco di essere il più possibile essenziale, aderente alla storia. Rileggo più volte, limando, correggendo e affinando ogni passo dello scritto. Anche la scelta delle parole, la costruzione delle frasi è importante, perché consente di dare musicalità al testo. Un lavoro di cesello, lungo e impegnativo ma fondamentale. Convinto che scrivere bene aiuta a leggere bene (e viceversa), mi sono iscritto a corsi di lettura espressiva tenuti da attori di teatro, doppiatori e narratori professionisti. A loro ho cercato di rubare i segreti del sottotesto e della pausa.
L’ultimo passo prima della stampa è l’editing finale.
Spesso mi viene chiesto perché scrivo. Perché mi piace farlo, per il gusto di raccontare storie e, non lo nascondo, per la soddisfazione di essere letto. Scrivere è molto simile alla pittura con l’unica differenza che per dar vita a paesaggi, personaggi ed emozioni non si usano pennelli, colori e tele, ma parole e pagine.
Un’ultima cosa la devo dire sull’ispirazione, la scintilla che innesca la pulsione dello scrittore, tanti ne parlano ma con mio stupore, in molte presentazioni e incontri, sento dire che non esiste. Se così tanti affermati e autorevoli (a volte anche no) scrittori lo dicono forse è vero, però…
A me per esempio, capita spesso facendo la doccia o la barba, che mi vengano in mente frasi, situazioni o dialoghi riguardanti quello che sto scrivendo, a volte addirittura interi capitoli.
E allora una domanda mi viene spontanea… se non è ispirazione allora cos’è?